Qualche sera fa una docente dell’Università di Bologna durante un’intervista spiegava come il senso di inadeguatezza sia un’emozione predominante in questo periodo storico. In particolare rifletteva su come questo stato d’animo abbia preso il posto del più famoso senso di colpa. In un momento in cui le regole sono molto più flessibili e non ci scandalizza quasi più di nulla, la colpa è stata sostituta da un sentimento che riguarda la capacità di essere all’altezza. Come darle torto?
Da quella sera mi sono trovata spesso a riflettere su quelle parole e su quanto il senso di inadeguatezza sia presente nelle nostre vite. Tecnicamente non so se si possa definire un’emozione, forse sarebbe meglio parlare di stato d’animo o di poca consapevolezza.
Albert Bandura (psicologo canadese) già molti anni fa introduce il costrutto di autoefficacia , cioè la valutazione che noi stessi facciamo della capacità personale di mettere in atto un comportamento necessario o richiesto. Questo vuol dire che un basso senso di autoefficacia può portare a non sentirsi all’altezza di un compito, oggi si direbbe “a non credere in se stessi”.
Effettivamente alla base di molte patologie c’è questa convinzione: una persona depressa sarà portata a pensare che non è in grado di sopportare tutto il brutto che lo circonda, una persona ansiosa non crede di riuscire ad affrontare determinate situazioni che lo spaventano. Ovviamente sto semplificando la questione ma in linea generale è abbastanza evidente come l’idea che ci facciamo di noi condizioni in modo essenziale le nostre scelte e il nostro modo di affrontare la vita.
La società attuale ha delle aspettative molto alte su di noi, può essere abbastanza facile cadere nel tranello di voler soddisfare le sue esigenze a tutti i costi. Non siamo mai abbastanza magri, abbastanza belli, abbastanza ricchi o intelligenti.
Molto spesso le persone che si rivolgono a me parlano di quanto tutto quello che fanno non basti mai a chi li circonda. Il capo vuole sempre qualcosa di più, il marito (o la moglie) si lamenta di qualunque cosa faccia, i figli non sembrano riconoscere gli sforzi fatti per la loro felicità. E il senso di inadeguatezza si gonfia sempre di più.
Se tutto questo sembra insopportabile per una persona adulta, immaginiamo l’impatto che può avere per un adolescente. I modelli attuali propinati dalla TV e dai giornali ci mostrano che per essere felici è necessario essere bellissimi e ricchissimi, inutile perdere tempo a farsi una cultura perché tanto non verrai apprezzato, fondamentale invece essere sempre al posto giusto al momento giusto. La maggior parte di questi modelli sono inarrivabili per cui “è inutile anche provarci”, “non arriverò mai a quei livelli”, “che senso ha impegnarmi?”.
Il nostro livello di stress è fortemente influenzato da quanto ci sentiamo in grado di affrontare le richieste che pervengono dall’ambiente che ci circonda. Direi che livello di stress e senso di inadeguatezza siano direttamente collegati. Non ci sentiamo (o non ci fanno sentire) abbastanza all’altezza della situazione, questo aumenta il livello di frustrazione che a sua volta anima il senso di inadeguatezza. Un circolo vizioso che può portare a dei comportamenti poco salutari come una sovralimentazione che attutisca i sentimenti sgradevoli o l’assunzione di sostanze che ci diano l’illusione di essere onnipotenti almeno per qualche minuto (o perlomeno ci permettano di dimenticare il problema).
Ma perché ci sentiamo così inadeguati?
Ovviamente, così com’era per il senso di colpa, questo stato d’animo è il riflesso di quello che ci fanno sentire le persone che ci circondano. Tutti noi tendiamo a sottolineare al nostro vicino i suoi difetti senza ricordare i suoi pregi. Questo è quello che rende meraviglioso un rapporto al suo inizio: ci sentiamo i padroni del mondo perché l’altro ci fa sentire apprezzati così come siamo (non vi illudete, quella stessa persona prima o poi vi farà la lista dei vostri difetti), ci sentiamo perfetti…finalmente!
E se mantenessimo questo punto di vista anche nel tempo?
È difficile non cadere nella tentazione di sfogare sull’altro la nostra frustrazione, il nostro senso di inadeguatezza, sminuire l’altro per risollevare noi stessi. Aiutiamo l’altro a capire quanto sia adeguato, quanto apprezziamo le sfumature del suo carattere, quel modo di parlare o di muoversi. Ricordiamogli (e ricordiamoci) quanto valore abbia, riconosciamo il suo sforzo di fare qualcosa per noi anche quando il risultato non è proprio come si sperava, teniamo a mente le cose che ci hanno avvicinato a quella persona piuttosto che quello ci potrebbe allontanare.
Molto spesso abbiamo solo bisogno di una persona che rida con noi dei nostri pasticci, che ci dia la spinta per scavalcare il muro delle nostre paure, che non dia per scontato il nostro valore, che ci faccia sentire i migliori…anche solo nel nostro piccolo mondo.